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Art. 257 codice penale – Spionaggio politico o militare (riportare legge per esteso e commento)

Lo spionaggio è quell’attività finalizzata ad ottenere la conoscenza di segreti riguardanti nemici o rivali in modo da ottenerne vantaggi economici, politici o militari. Solitamente essa è svolta da servizi segreti ma non è raro sentire di storie di spionaggio che hanno visto coinvolti perfino cittadini. Probabilmente i nomi di Mata Hari, Edward Snowden e Julian Assange evocano fatti di cronaca che hanno attirato notevolmente l’interesse di molti. Non è solo spunto per copioni di film basati sulle gesta di agenti, come il famoso James Bond, ma fa parte del tessuto “sottostante” di interazioni tra nazioni differenti, spesso nemiche. Di certo per lo Stato Italiano è un reato ed è regolato dal suo Codice.

Ecco alcune informazioni su cosa si intende dal punto di vista legislativo, quali pene sono stabilite per coloro che lo commettono ed altre considerazioni sull’argomento.

Articolo numero 257 del Codice Penale

L’articolo n°257 del Codice Penale afferma, testuali parole, che “Chiunque si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie che, nell’interesse della sicurezza dello Stato o, comunque, nell’interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete è punito con la reclusione non inferiore a 15 anni. Si applica, invece, la pena dell’ergastolo nei casi in cui (1) il fatto è commesso nell’interesse di uno stato in guerra con lo stato italiano (2) o se il fatto ha compromesso la preparazione o l’efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari“.

Note inerenti le situazioni aggravanti

Per la pena dell’ergastolo è richiesto il “dolo specifico” cioè il determinato scopo, obiettivo di spionaggio per avvalersi della notizia procurata o procacciata al fine di rivelarla a persone o Enti per fini politici o militari. Per le suddette 2 situazioni considerate aggravanti ad effetto speciale in origine era prevista addirittura la pena di morte, ormai sostituita dal Decreto Legislativo n°224 del 1944 con la pena della detenzione a vita, cioè l’ergastolo.

Spiegazione dell’articolo 257 del Codice Penale

Innanzitutto è importante definire correttamente cosa si intende per notizie coperte da segreto di Stato e non divulgabili. Tale nozione è chiarita dall’articolo della Legge n°124 del 2007 che stabilisce come informazioni coperte dal segreto di Stato tutti gli “atti, documenti, notizie, attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea ad arrecare danno all’integrità della Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa dell’Istituzione posti dalla Costituzione a suo fondamento, all’indipendenza dello Stato rispetto ad altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione ed alla difesa militare dello Stato“.

Il “ratio legis” su cui si basa questo articolo del Codice Penale è la fondamentale tutela dell’interesse dello Stato italiano a circoscrivere la conoscenza di specifiche notizie riservate ad uno stretto e determinato ambito di persone che ricoprono determinati ruoli. Ciò permette, quindi, di evitare la diffusione di tali notizie cosi da non arrecare un qualsivoglia danno o pregiudizio ad alcuni fondamentali beni giuridici dello Stato italiano. Il bene giuridico qui inteso che viene tutelato da tale norma è, ovviamente, la sicurezza dello Stato che verrebbe compromessa nel caso in cui venisse sottratta una qualsiasi informazione o notizia coperta dal segreto di Stato allo scopo di divulgarla, commettendo così il reato di spionaggio. Rispetto all’articolo precedente n°256 relativo al procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato, in questo articolo viene invece previsto un dolo specifico dovuto alla condotta atta a compiere spionaggio militare o politico. E’ quindi irrilevante che il soggetto che si rende colpevole di tale reato conosca l’effettiva natura della notizia segreta o non divulgabile che ha acquisito e divulgato. Si applica l’aggravante ad effetto speciale come da punto 1 del secondo comma e seguente comminazione della pena dell’ergastolo nel caso in cui l’atto di spionaggio venga commesso nell’interesse, a favore di un qualsiasi stato nemico in guerra contro lo stato italiano. Per poter configurare correttamente quest’aggravante è richiesto, quindi, che il soggetto che si è macchiato di tale reato nei confronti della Repubblica sia a conoscenza del rapporto di belligeranza o inimicizia tra gli Stati soggetti. L’articolo n°256 è anche disciplinato dal punto 2 del secondo comma dalla condizione obiettiva di punibilità, come definita dall’articolo n°44. L’accusato di spionaggio contro lo Stato italiano può essere soggetto all’aggravamento con relativa pena di ergastolo qualora abbia compromesso la preparazione o l’efficienza bellica del proprio stato e le sue relative operazioni militari anche se non ne fosse stata sua iniziale e deliberata volontà.

Altre considerazioni inerenti l’articolo n°257

La sentenza n°188 del 7 febbraio 1966 della Cassazione Penale Sezione 1, sancì un importante chiarimento a supporto del giudice competente che deve definire ancor più chiaramente gli avvenimenti presentatigli.

Una discriminante fondamentale per poter comprendere in una qualsiasi situazione se l’articolo n°257 del Codice Penale possa essere applicato, è la volontarietà del soggetto coinvolto nel compiere volutamente il reato di spionaggio. L’attuale Codice Penale vigente, che fu innovato nel 1889, contiene diverse disposizioni che aiutano a definire correttamente lo spionaggio politico o militare configurandolo come delitto. La rivelazione di notizie segrete o riservate compiute al fine di spionaggio fu definita reato al fine di tutelare gli interessi militari e di conseguenza la sicurezza dello Stato italiano. Nel caso in cui, invece, i fatti e dettagli riguardanti tale situazione non portano a pensare in maniera univoca, senza ombra di dubbio ad una precisa volontarietà di commettere spionaggio ma dettata da altre motivazioni (come la semplice curiosità), l’accusato potrebbe non rientrare tra coloro che sarebbero punibili dall’articolo n°257. In quest’ultimo caso, al giudice che deve emettere sentenza, viene in aiuto l’articolo n°260 del Codice Penale che prevede particolari disposizioni al fine di valutare attentamente le motivazioni che hanno portato al fatto considerandole come indizi di un possibile scopo spionistico. E’ responsabilità del giudice incaricato stabilire se nel caso sottopostogli ricorrano gli estremi per definirlo reato di spionaggio “indiziario”, accertando che il fatto addebitato all’imputato, seppur non diretto univocamente allo spionaggio, ne possa comunque costituire un indizio.

Un ultimo aspetto, inoltre, da chiarire è su chi ricade la competenza d’azione per i casi di tale violazione. Va detto innanzitutto che la condotta delittuosa di spionaggio politico o militare non è esattamente sovrapponibile a quella (simile ma differente) prevista dal Codice Penale Militare di pace. Ed esso non contempla lo scopo di spionaggio politico che riguarda il Codice Penale ordinario. Per questi motivi, le incriminazioni di tipo politico e militare sono considerate diverse e concorrenziali, richiedendo l’intervento di giudici di entrambe le giurisdizioni, ordinaria e militare. I casi di spionaggio, dunque, sono affidati a giudici pertinenti ciascuno per la propria area di competenza.

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